Ciò che conosci è così poco ciò che conosci di me ciò che conosci sono le mie nuvole sono i miei silenzi sono i miei gesti ciò che conosci è la tristezza di casa mia vista da fuori sono le persiane della mia tristezza il campanello della mia tristezza
Però non sai niente al massimo pensi a volte che è così poco ciò che conosco di te ciò che conosco cioè le tue nuvole o i tuoi silenzi o i tuoi gesti ciò che conosco è la tristezza di casa tua vista da fuori sono le persiane della tua tristezza il campanello della tua tristezza.
Leggimi tra le righe anche quando la pagina è bianca Raccontami una storia a lieto fine fammi sentire di nuovo bambina dimmi che non è mai stata scritta poesia più bella di me.
Chiara Olivero
In sottofondo: “Sogna ragazzo sogna” – Alfa e Roberto Vecchioni
C’è in me un ricordo come un sasso che biancheggia nel fondo del pozzo. Né più voglio e non posso lottare: quel sasso è il dolore, quel sasso è l’amore. Se guardi da vicino i miei occhi subito lo scorgi: ti fai grave e pensoso come per un triste racconto. Sento che gli dei han mutato gli uomini in cose, senza uccidere la loro imprevidenza, affinché vivano eterni stupendi dolori. Tu sei diventato il mio ricordo.
Anna Achmatova
In sottofondo: “Ti ho voluto bene veramente” – Marco Mengoni
… la sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in, come viene ritenuto, in. . . in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare…. dalla sensazione che, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro …
Se fossi un architetto, sarei un pessimo architetto, perché non mi piace avere progetti. Naturalmente, senza progetti, nessuno sa come sarà l’edificio. Ma è esattamente quello che mi piace fare. Non devo sapere cosa sto facendo, o cosa sarà.
Ho imparato a voler bene a persone che non credevo di poter apprezzare e ho smesso di amarne altre che non credevo di poter dimenticare. Ho fatto i conti con amicizie che si sono rivelate più piccole di ciò che erano, ma ho anche compreso che bisogna donare amore principalmente perché se ne sente il bisogno e non perché si desidera essere ricambiati. Ho compreso, però, che soltanto sulla reciprocità si fondano i rapporti più autentici.
Ho scoperto che ci sono legami difesi così a lungo, che quando poi finiscono possono portarsi appresso persino le macerie del ricordo. E lasciarti addosso nient’altro che tracce impercettibili.
Ho imparato che ci sono persone che si credono più di ciò che sono e che l’alta considerazione di sé, non permette loro di riconoscere i propri limiti, né di provare ad aggiustarli. Che si riempiono la vita di forme effimere. Perchè la forma, pensano, copre i buchi dell’essenza.
Mi sono accorta che i miei difetti coincidono esattamente con i miei pregi. E ho fatto una gran fatica a capire da quale lato guardarmi. Alla fine, mi sono guardata dal lato migliore, quello che mi concedeva di amarmi.
Ho scoperto l’ipocrisia di alcuni e la superbia di altri. Ho capito che nessuno cambia davvero se non ha una motivazione forte e che spesso l’amore non rappresenta affatto una motivazione. Ma ho conosciuto anche persone che mi hanno donato in maniera incondizionata e da loro ho imparato ad essere migliore.
Eccolo, il mio anno che sta finendo.
Strabordante di ogni emozione possibile. Perché chi se ne frega se essere sensibile fa soffrire. Io voglio vivere la mia vita così: con il cuore sulla pelle.
Serena Santorelli
In sottofondo: “Dalla pelle al cuore” – Antonello Venditti
È stato un grande amore il nostro Uno di quelli che non si racconta Nemmeno nella notte. Si parlava di monete sonanti E invece ci hanno messo in bocca La pastiglia sublinguale Per un mal di cuore Che non esiste. Eppure le tue canzoni Hanno marchiato l’intero universo E non si è accorto nessuno Che tu deliravi per me. Le volpi senza una tana Hanno cercato riparo Tra le tue gambe E anche tra le mie. Adesso siamo rimasti soli.
Alda Merini per Lucio Dalla
In sottofondo: “Se io fossi un angelo” – Lucio Dalla
“Non giudicate le persone che amano stare da sole. Non fatelo mai. La loro non è cattiveria. Non è strafottenza. Ma vera e propria necessità. Bisogno d’essere. Appartenenza. Abbiate sempre cura di aspettarle. Di rispettarle. Non mettetegli fretta. Se i loro tempi non sono i vostri lasciatele andare. Se avrete pazienza sapranno ricompensarvi perché la loro voce è una carezza scesa dalle labbra che si scioglie negli occhi. Perché il loro cuore è un posto caldo e silenzioso capace di accogliere e proteggere. Non giudicatele persone che amano stare da sole. Non avete la minima idea di quanto abbiano dovuto lottare. Di quale miracolo siano state capaci di compiere. La solitudine spaventa. La solitudine è un patto di purissimo amore con la propria anima che quasi mai nessuno ha il coraggio di fare. Ma loro sì, e ne sono felici. Loro ci sono riusciti. Loro ce l’hanno fatta.”
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